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Esteri

Il generale Camporini: "In Libia una Caporetto internazionale"

Ansa/Agf
Ansa/Agf 

Una Caporetto della comunità internazionale e del suo organismo più rappresentativo: le Nazioni Unite. È quello che sta avvenendo in Libia con l'offensiva militare su Tripoli scatenata dalle forze fedeli all'uomo forte della Cirenaica: il generale Khalifa Haftar. Una Caporetto di cui parla, nell'intervista ad HufPost, il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa, tra i più autorevoli analisti di strategie militari e geopolitica italiani.

Generale Camporini, in Libia è in atto una guerra civile con le forze fedeli al generale Khalifa Haftar puntare alla conquista di Tripoli. Per l'Europa e per l'Italia si tratta di una "Caporetto" politico-diplomatica?

La Caporetto politico-diplomatica riguarda il consesso internazionale impersonato dalle Nazioni Unite. Il disegno dell'Onu, quello delineato dall'inviato speciale Ghassan Salamè, si sta sgretolando a favore di giochi di potenze che agiscono sul territorio in modo coordinato tra di loro ma non in coerenza con il disegno delle Nazioni Unite.

Chi c'è dietro il generale Haftar?

Dietro Haftar c'è sicuramente l'Egitto e c'è anche una costellazione di Paesi del mondo arabo che non è facile identificare proprio per la volubilità di certe politiche che vengono da questi Paesi. Un altro quesito che bisogna porsi riguarda le intenzioni della Turchia. Erdogan è alle prese con una grave situazione economica che investe la Turchia e deve fare i conti con seri problemi di carattere politico, messi in evidenza dai recenti risultati delle elezioni amministrative, in particolare a Istanbul e Ankara. È chiaro che la politica estera può essere la valvola di sfogo di queste tensioni".

Ciò che avviene in Libia tocca da vicino l'Italia, per ragioni geopolitiche, economiche e per la questione migranti. Roma ha puntato su Fayez al-Serraj e sul governo di Accordo nazionale da lui presieduto. Si è puntato sul cavallo perdente?

Quella italiana è stata una scelta molto istituzionale ma anche di opportunità, visto che la maggior parte delle attività dell'Eni si svolge in Tripolitania. A questo punto è chiaro che occorrerà una riflessione di tipo politico. Non mi preoccupa molto la posizione dell'Eni, che con un intelligente lavoro di decenni ha saputo conquistare la fiducia delle popolazioni dei territori in cui opera: il rimpatrio del personale italiano è una misura di prudenza, ma non dimentichiamoci che dalla caduta di Gheddafi a poco tempo fa, le attività ordinarie erano affidate a personale locale che ha dato prova di elevata professionalità.

Lei parla di una necessaria riflessione politica. Cosa dovrebbe fare, a sua avviso, il governo italiano?

Dovrebbe rivedere le sue scelte di relazioni con quei Paesi che hanno interessi sulla Libia, in primis con la Francia, nei confronti della quale trovo che sia stata poco saggia, per usare un eufemismo, la guerra diplomatica che negli ultimi mesi era stata scatenata.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, pur ammettendo il sostanziale fallimento della sua missione pacificatrice a Tripoli e Bengasi, ha ribadito che per porre fine al caos in Libia non esistono soluzioni militari. È proprio così?

Esorcizzare l'opzione militare rientra nella filosofia delle Nazioni Unite. Resta il fatto che Haftar ha un obiettivo politico di conquista del potere e dispone delle risorse militari per poter conseguire questo obiettivo. A questo punto diventa rilevante la posizione che assumerà la municipalità di Misurata che dispone di risorse militari sicuramente valide e che sono poi quelle che a suo tempo cacciarono l'Isis da Sirte".

In Libia c'è anche la "mano" russa?

Che ci sia una presenza russa lo dicono tutti, certo non è una presenza di tipo militare classico. Mosca sta cercando comunque di espandere la sua influenza nel Mediterraneo e la crisi libica è una occasione troppo ghiotta per rinunciarci.

Generale Camporini, quale lezione di fondo bisognerebbe trarre dalle vicende libiche?

La lezione è che nel quadro globale, gli attori sono molteplici e se si vuole curare efficacemente gli interessi nazionali, occorre intessere una serie di relazioni con Paesi che sono alleati e altri che possono esserlo meno...".

È una critica al governo gialloverde?

L'attuale governo troppo spesso appare concentrato esclusivamente sulle tematiche di politica interna, dimenticando, o tralasciando colpevolmente il fatto che quello che accade in Italia è spesso determinato dalle dinamiche globali.

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