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Politica

Caccia all'elettorato dem. M5S apre la war room per il voto a luglio, campagna contro il Pd e Renzi

ANSA
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Il Movimento 5 Stelle non ci crede più. Scarica le parole di Giancarlo Giorgetti e di Gian Marco Centinaio, i capigruppo della Lega che continuano ad accreditare abboccamenti e tentativi di ricucitura: "Non ci sono stati più contatti, è solo un modo per far ricadere su di noi la responsabilità della crisi, noi non ci stiamo".

Certo, se arrivasse un passo indietro in extremis da parte di Silvio Berlusconi il quadro cambierebbe. Ma la sensazione è che poco o nulla cambierà nelle prossime ore. Ed è iniziato un gioco al rialzo. Perché i vertici, a partire da Luigi Di Maio, sono convinti di aver fatto tutti i passi avanti necessari per favorire un accordo con il Carroccio. Forse anche troppi. "Ora non siamo più disponibili", lasciano filtrare.

Al punto che si è già messa in moto la macchina per il voto a luglio. Subito, nonostante gli ombrelloni, il sudore e le ferie estive. Le considerazioni che portano a questo punto di caduta sono molteplici. Innanzitutto, con un'ipotesi di voto ad ottobre, il rischio sarebbe quello di un ulteriore slittamento. E, scavallando l'anno, giustificare la non applicazione del limite dei due mandati con la motivazione che "la legislatura non è nemmeno partita" (Di Maio dixit) vacillerebbe. A quel punto – ma solo a quel punto, non prima – l'ombra di un gran rientro di Alessandro Di Battista nell'agone politico si potrebbe distendere su tutto il Movimento, potenzialmente squassante per equilibri così faticosamente costruiti nel corso degli ultimi mesi.

In secondo luogo, il capo politico ha ottenuto un compattamento delle fila lasciando intendere che con il ritorno al voto in un così breve tempo le liste elettorali saranno riconfermate in blocco. Al netto, ovviamente, dei vari furbetti dello scontrino e massoni vari espulsi ancor prima del 4 marzo. Qualche malumore interno per la gestione della fase post elettorale si registra ancora. Al momento, tuttavia, sono voci sparute e non organizzate. Non una vera e propria fronda interna, comunque un lieve mal di pancia da monitorare per evitare che diventi un problema concreto. Appena ieri sera, il leader ha chiesto di fatto una legittimazione di fronte ai gruppi parlamentari. "Chi condivide la necessità di tornare subito al voto?". Non una mano è rimasta ferma sul legno dei banchi dell'aula dove si svolgeva la riunione.

Il terzo motivo è un azzardo. Votare a luglio significherebbe cavalcare l'onda del ballottaggio virtuale, il mood che parla della volontà degli altri partiti di escludere i 5 Stelle dal governo, soffiare sui sondaggi che vedono il Movimento in continua crescita. Non si nascondono i rischi. Quelli di un voto più volatile di altri, che potrebbe soffrire maggiormente lo scotto di un'astensione elevata, dovuta al caldo e alle vacanze estive. Ma, è l'antitesi ai dubbi, non si sa in che condizioni si arriverà ad ottobre, in che clima, dopo quali eventi politici e mediatici che potrebbero aver invertito una corrente che al momento spinge la barca di Di Maio a correre a tutta velocità. Un azzardo, dunque, ma che si fa carico di un rischio calcolato.

La war room 5 Stelle è già proiettata nella pianificazione della campagna elettorale. E sta iniziando a calibrare il messaggio. Che sarà giocato in principal modo contro il Partito democratico e il suo azionista di maggioranza, Matteo Renzi. La logica è chiara: tentare di prosciugare il bacino dem, senza intaccare eccessivamente quello del Carroccio. Si guarda al precedente spagnolo. Dove la ripetizione delle elezioni portò sì a un risultato altrettanto interlocutorio. Ma il precedente caos nella gestione del post voto costrinse le forze politiche a trovare una composizione della crisi dopo il secondo tentativo. E in un quadro del genere serve sì fare il pieno di voti, ma occorre anche cercare di non indebolire eccessivamente il principale possibile partner di governo. "Con il Pd non voglio averci mai più nulla a che fare per come si sono comportati", ha tuonato Di Maio in serata a DiMartedì. "Mi è costato tanto andare da loro - ha continuato - perché noi abbiamo fatto tante battaglie contro le loro leggi ignobili. Loro sono andati dal presidente Fico a dire che aprivano mentre il loro ex segretario è andato da Fazio a chiudere".

"Racconteremo agli italiani quello che ha realmente fatto Renzi", spiega chi in queste ore ha incontrato Di Maio. "Ha garantito al Quirinale l'appoggio del Pd a un governo con noi mentre si accordava anche con Salvini per farlo fallire". La convinzione è che le nuove urne presenteranno agli avversari un conto politico molto salato. La caccia all'elettorato del Pd è aperta. Quirinale permettendo.

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