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Politica

Gli orlandiani mandano sotto il Governo in Commissione e lanciano un segnale sul Jobs Act

Corbis via Getty Images
Corbis via Getty Images 

Che il momento, per i renziani, non sia di quelli memorabili, è fuor di dubbio. Ma se dopo l'abbandono di Pisapia e Alfano, su cui il gruppo dirigente del Nazareno contava per costruire una mini-coalizione di centrosinistra attorno al loro partito, dovesse scricchiolare anche la tenuta del patto interno con gli orlandiani, allora le cose si metterebbero veramente male. Una rottura non è ipotizzabile, ma degli attriti importanti si sono prodotti nel primo pomeriggio di giovedì, quando la commissione Lavoro di Montecitorio si è trovata ad esaminare un pacchetto di emendamenti alla legge di stabilità, tra i quali due a firma Cesare Damiano, presidente Dem in quota minoranza della stessa commissione.

Le proposte di correzione riguardavano la riforma della governance dell'Inps e l'innalzamento del tetto agli indennizzi per licenziamenti illegittimi previsto dal jobs act, e sono state approvate nonostante il parere contrario del governo, rappresentato dal sottosegretario Luigi Bobba (che quindi è andato sotto) e con il soccorso di Mdp, nella persona del deputato Giorgio Piccolo.

Proprio sull'atteggiamento del governo gli orlandiani sono stati molto critici, dato che, stando a quanto filtrato al termine delle votazioni, gli accordi iniziali con l'esecutivo e con la maggioranza erano di segno opposto. In particolare, sull'emendamento relativo agli indennizzi, i deputati della minoranza Pd che hanno preso parte alla votazione (a differenza dei renziani che si sono defilati) hanno fatto presente ai propri compagni di partito che il governo si era impegnato a inserire nella manovra l'innalzamento del tetto, dopo che la Dem di maggioranza Titti Di Salvo, qualche settimana fa, si era fatta garante di tale impegno, chiedendo il rinvio in commissione della proposta di legge Mdp-SI sulla reintroduzione dell'articolo 18, di cui era relatrice.

Il sottosegretario Bobba ha spiegato la contrarietà del governo ai due emendamenti orlandiani sia con delle motivazioni tecniche che di merito, affermando che la riforma dell'istituto di previdenza "non può essere collocata in manovra" e che il livello degli indennizzi "è equilibrato e più alto rispetto agli altri paesi europei". Su questo ultimo tema non è certo dello stesso avviso il presidente della commissione e titolare degli emendamenti approvati Damiano, per il quale "il jobs act, sul fronte dei licenziamenti, non ha funzionato". "I livelli di indennizzo – ha spiegato all'Huffpost – sono bassi, e spesso i datori di lavoro preferiscono licenziare che richiedere ammortizzatori. Il Pd - ha proseguito Damiano - deve avere il coraggio di affrontare questi temi, a prescindere dalla congiuntura politica. Non ho pensato a queste norme per allettare Pisapia o qualcun altro, le ho proposte perché ce n'è bisogno". Qualche maligno che, nei capannelli antistanti alla commissione, ha messo in relazione la decisione del governo col venir meno della necessità di tener dentro Pisapia, per il vero non è mancato.

In ogni caso, l'ultima parola sugli emendamenti la dirà la commissione Bilancio, dove i numeri sono diversi, e se l'atteggiamento del governo e dei renziani nel frattempo non sarà mutato, difficilmente le norme proposte giovedì con successo da Damiano potranno sopravvivere: "Farò una battaglia di sinistra dentro al Pd -osserva ancora Damiano – ne ho fatte tante, continuerò a farne". Come giovedì, la minoranza Dem potrà contare sul sostegno di Liberi e Uguali, e non è detto che sugli indennizzi anche M5S non possa essere interessato a mettere in difficoltà il governo.

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