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Politica

Il "modello Sicilia" è già finito

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Ancora una volta la Sicilia diventa una metafora del centrodestra, a livello nazionale. Divisi dopo la vittoria, come erano divisi prima della vittoria con Matteo e Silvio Berlusconi che evitarono anche un comizio assieme a Palermo. Il nuovo capitolo dell'insofferenza di Salvini, cresciuta in questi giorni di protagonismo mediatico del Cavaliere, si materializza sulla giunta di Nello Musumeci, partorita ben ventritrè giorni dopo il trionfo elettorale con tanto di fanfare sul "modello Sicilia": "Se hanno ritenuto – dice il leader della Lega a Circo Massimo su Radio Capital - di preferire per la giunta uomini di Lombardo e Cuffaro lasciando fuori noi, ci hanno fatto un favore. Si preferisce il vecchio rispetto al nuovo".

Gli uomini in questione sono: Roberto Lagalla, già assessore alla Sanità dell'ultimo governo di Totò Cuffaro alla Sanità, che andrà alla Formazione professionale; Toto Cordaro, storico avvocato di Vasa vasa nel processo per concorso esterno, che ricoprirà l'incarico di assessore al Territorio; entrambi hanno rastrellato oltre ottomila preferenze. Il terzo nome, legato a Raffaele Lombardo, è quello di Mariella Ippolito, presidentessa dell'ordine dei farmacisti di Caltanissetta, che ha ottenuto le deleghe – pesanti – al Lavoro e alla Famiglia. Complessivamente una giunta di "capibastoncini" fatta col Cencelli, riconducibile al peso elettorale dei grandi capibastone Saverio Romano, Raffaele Lombardo, Gianfranco Micciché. Molto poco autonoma e del "presidente": un inverno dei partiti che gela la "primavera siciliana" promessa da Musumeci in campagna elettorale.

Tornando a Salvini. L'unico parlamentare eletto con Lega, Toni Rizzotto, passerà al misto, rendendo ballerini i numeri, essendo il 36esimo deputato della maggioranza su 70. Toni Rizzotto, bandiera della purezza sicula salviniana, è il classico riciclato. Dipendente del comune di Palermo, dopo una lunga gavetta nella Dc, transita nell'Udc di Totò Cuffaro, che poi molla quando il governatore viene travolto dalle inchieste. Il nuovo taxi è l'Mpa di Raffaele Lombardo, con cui approda all'Ars come deputato regionale. Nel 2012 finisce anche in una polemica: Lombardo lo piazza alla presidenza di "Lavoro Sicilia", ma poi è costretto a rimuoverlo per incompatibilità. E nomina, al suo posto, la compagna di Rizzotto.

Il quadro è questo. Per completarlo occorre ricordare le inchieste che hanno coinvolto Luigi Genovese, figlio di Francantonio, indagato per riciclaggio, e Paolo Savona, indagato per appropriazione indebita. Episodi che fanno lievitare l'alto tasso di "impresentabilità" nella neo eletta Ars. E allora la mossa di Salvini, in questo film di poltrone, potere e propaganda racconta essenzialmente due cose. La prima ha a che fare con la Sicilia dove era previsto, sulla carta, che la Lega avesse un assessore. E invece, spiegano, "Musumeci si è impuntato perché con un solo parlamentare ha ritenuto che non ci fossero le condizioni e lo ha dato a Fratelli d'Italia che di parlamentari, tra eletti e listino, ne ha tre". L'altra ha a che fare col livello nazionale, perché è evidente che il leader della Lega è insofferente rispetto al ritorno di Silvio Berlusconi e ha deciso di cavalcare, per dirla con gli azzurri, la tigre giustizialista e di fare della questione degli impresentabili un punto fermo della sua narrazione: la richiesta di sottoscrivere le liste e i patti dal notaio, la contrarietà agli sconti di pena sui reati di sangue (Forza Italia si è astenuta), e più in generale le critiche a Berlusconi sul centrodestra da bar dello sport.

Ecco che la Sicilia è l'ennesimo capitolo di questa storia che andrà avanti fino alle politiche, grazie all'ipocrisia di una legge elettorale che non obbliga a un vincolo politico, si chiami programma o leader comune, ma che rende conveniente far finta di stare insieme per poi spartirsi il bottino di nominati e collegi. L'alleanza tra Lega e Forza Italia non è in discussione, perché altrimenti diventerebbe incerto ciò che è sicuro, ovvero tutto il Nord, ma, come in Sicilia, i giochi sulle alleanze vere di governo si faranno il minuto dopo il voto. Ad Arcore hanno maturato la convinzione che, in fondo in fondo, Salvini non voglia andare al governo con Berlusconi ma preferisca di gran lunga stare all'opposizione dell'inciucio. Nella convinzione – o speranza - che la prossima legislatura durerà poco. Divisi appunto, nonostante spiri un vento favorevole.

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